Bonsai

62.500 piante per ettaro

Il vigneto Bonsai, dove le viti sono piantate solo a 40 centimentri tra di loro, con densità estrema

“Un vigneto può produrre le migliori uve solo dopo 35 anni”: è quello che mi disse una volta un vecchio viticoltore della Borgogna. Pochi minuti dopo nella mia testa non potevo che domandarmi se sarei stato costretto ad attendere i miei novant’anni per capire cosa sarebbero state in grado di produrre le nostre vigne appena piantate a Montalcino. La risposta fu semplice, decisi di provare qualcosa di nuovo ed innovativo: spingere la densità del vigneto ad un livello estremo, ovvero 62.500 viti per ettaro, per costringere le radici delle viti ad attraversare molti strati geologici diversi in un arco di tempo più breve, in pratica sfruttare la competizione radicale per avere della radici più profonde.

Tutti all’epoca mi dissero che ero pazzo e che le piante sarebbero semplicemente morte.

I primi anni d’ allevamento furono impegnativi, dedicammo molto tempo alle piccole viti e a mantenere il terreno in buone condizioni, il tasso di mortalità del Bonsai si fermò all’8%.

Piazzammo un tutore d’acacia a fianco di ogni pianta, impostammo la potatura come si fa per un alberello. Due anni e mezzo dopo, nel 2007, con la terza gemma, fummo in grado di vinificare il primo Bonsai Sangiovese. Non ci potevo credere: finalmente avremo avuto un vino da assaggiare prodotto da questa vigna così folle.

Ho riflettuto a lungo su quella citazione borgognona, ma credo che infine la natura si ripete in tutti gli esseri viventi con gli stessi meccanismi. Una pianta troppo accudita e facilitata tenderà ad impigrirsi, al contrario di una vite che per sopravvivere non ha tempo da perdere. Contro la pigrizia, niente è più incisivo della fame.

 

Radici profonde

Quando abbiamo raccolto il Bonsai, eravamo tutti entusiasti: non potevamo credere che questo folle esperimento avesse funzionato.

Spesso i terreni si compongono di vari orizzonti geologici con caratteristiche completamente diverse; un apparato radicale capace di esplorare verticalmente il suolo godrà quindi di maggiore complessità oltre che di una maggiore disponibilità idrica.

In ognuna delle nostre vigne cerchiamo di promuovere questa esplorazione profonda, fiduciosi che, se il nostro obbiettivo è leggere il territorio attraverso il bicchiere, le radici rappresentano lo strumento principale.

Bonsai vineyard in Montalcino

La gestione in vigna

Nel tempo, abbiamo messo appunto sistemi specifici, per questo vigneto così particolare.

Seguendo l’esempio delle viti che si sono sapute adattare a delle condizioni molto particolari, anche noi abbiamo dovuto fare lo stesso, in merito alla gestione del vigneto, per aiutare le piante a sopravvivere. Abbiamo messo appunto pratiche specifiche, adatte a questo tipo di vigneto così particolare.

Parlando di potatura, abbiamo capito che era inutile pretendere una produzione in termini di quantità d’uva paragonabile ad una situazione standard. Lo sforzo compiuto dalla pianta era già gravoso e quindi, con la potatura, abbiamo individuato un carico di gemme ridotto, impostando un alberello a 40-50 cm da terra con uno sperone singolo a 2/3 gemme produttive. La produzione varia di anno in anno, alcune piante a volte non producono grappoli per andamenti stagionali non favorevoli, ma solitamente vendemmiamo 1 massimo 2 piccoli grappoli per pianta.

Lo stato di salute dei suoli è stato fin da subito il principale scoglio. I nostri terreni sono costituiti prevalentemente da argilla e limo, pertanto compattano facilmente e si strutturano con difficoltà.

Un vigneto così intensivo richiede ogni anno un reintegro di sostanza organica abbondante, mediante letame distribuito a mano, e una decompattazione per almeno i primi 30 cm. Dopo di che, apportiamo un sostanzioso letto di paglia per praticare la pacciamatura a difesa della risorsa idrica e per ridurre il compattamento, il tutto senza dimenticare i preparati biodinamici.

Bonsai Wine Vinification

Viaggio in cantina del Bonsai

Dopo diverse vendemmie abbiamo finalmente capito come interpretare al meglio le uve provenienti dal vigneto Bonsai.

Il pigiadiraspato fermenta spontaneamente in tonneaux aperti, posti in verticale per due settimane, accompagnato da follature manuali. Appena esauriti gli zuccheri separiamo il vino dalle bucce, il vino fiore solitamente è abbastanza per riempire due tonneaux. Poiché le quantità sono sempre molto ridotte non possiamo utilizzare botti di rovere più grandi. L’affinamento si prolunga per 15-18 mesi cercando di travasare meno possibile e utilizzando legni esausti. L’imbottigliamento è spesso manuale e seguirà un ulteriore affinamento di 18 mesi circa in bottiglia.

Il futuro del bonsai

Ad oggi abbiamo in totale 1,4 ettari di Bonsai Sangiovese, con piante adulte che producono circa 200g di uva ciascuna. Dalla prima vendemmia ad ora, possiamo dire di aver creato qualcosa di davvero unico, a cui tutti noi siamo davvero affezionati. Per noi è anche un progetto di studio, in più occasioni abbiamo esaminato il profilo del suolo in profondità per capire il comportamento dell’apparato radicale. Le radici raggiungono i tre metri di profondità, circa il doppio dei vigneti piantati regolarmente, questo è sicuramente un segnale incoraggiante.

È strano avere un Sangiovese di così alta qualità a Montalcino che non rientra nella DOCG del Brunello. Per noi questo vino è comunque prima di tutto un Sangiovese di Montalcino, al di là del diverso lavoro che richiede in vigna. Continueremo a studiare questa tipologia d’impianto e a vinificarne le uve in purezza, perché l’unicità visiva, evidente visitando il vigneto, è completamente riscontrata nel sorso e non saremmo mai in grado di chiamarlo in un modo diverso da “Bonsai”.

Toscana Rosso Wine Bonsai